Quando si parla dei trattori Om accade che ci si riferisca sempre alle macchine azionate da motori diesel. L’esordio del Marchio nel Mondo dei trattori in realtà risale agli Anni 30 e si lega all’uso di motori testacalda che solo negli Anni 40 cedettero il posto ai diesel

Om, acronimo di “Officine meccaniche Grondona” esordì nel Mondo dell’industria nel 1847 quale costruttrice di carrozze ferroviarie e fu poi rilevata nel 1899 dall’azienda milanese Miami e Silvestri dando vita alla “Società anonima officine meccaniche Miani Silvestri Comi Grondona e c. Milano”. Per anni continuò a operare nel settore ferroviario registrando un crescente successo che le permise nel 1917 di acquistare l’azienda bresciana Zust specializzata dal 1906 nella produzione di veicoli automobilistici.
Da quel momento il marchio Om cominciò a contrassegnare anche auto, camion e macchine agricole, con queste ultime che esordirono in forma di trebbiatrici a seguito di una collaborazione avviatasi nel 1922 con la ditta “Mais” di Suzzara, in provincia di Mantova. Grazie a tale collaborazione già a metà degli Anni Venti Om diventò il maggior costruttore italiano di trebbiatrici, macchine cui nella prima metà degli Anni Venti si affiancarono inizialmente il primo trattore Om, “ T 30”, e poi il modello “T 240”, lanciato alla Fiera di Verona.

“T 30”, era equipaggiato con un motore testacalda, scelta motivata dal fatto che allora tali propulsori erano apprezzati in tutta Europa per le loro doti di semplicità, rusticità e potenza oltre per il fatto che potevano funzionare con quasi tutti i combustibili liquidi, anche quelli meno raffinati. Om già produceva in oltre quel tipo di motore e dunque aveva tutta l’esperienza necessaria per gestire al meglio il progetto.
I tecnici della Casa scartarono l’idea di un monocilindrico a corsa lunga optando per una canna quadra da 240 millimetri di alesaggio e corsa per una cilindrata di dieci litri e 870 centimetri cubi. Il funzionamento del motore era più “rotondo” e meno brusco di quello di un corsa lunga, ma aveva la controindicazione di generare una maggior quantità di calore, soprattutto a livello della camera di combustione.

Ne derivavano temperature che potevano mettere in crisi l’affidabilità del propulsore che, proprio per evitare tale inconveniente, aveva un sistema automatico che provvedeva a iniettare acqua nell’aspirazione quando l’unità lavorava a pino carico. Una soluzione geniale ancora oggi in uso in campo motoristico quando necessario. Il sistema ovviamente obbligò i tecnici a curare in maniera specifica l’intero impianto di raffreddamento che a “vasca ad ebollizione”, gruppo situato direttamente sopra il cilindro così che l’acqua assorbisse il calore ed evaporasse. Tale configurazione necessitava però di frequenti rabbocchi con conseguenti perdite di tempo, motivo per cui Om integrò l’impianto con un circuito composto da una pompa che inviava l’acqua al di sopra di una griglia traforata e una ventola che raffreddava l’acqua mentre per forza di gravità cadeva sul motore.
Il sistema fu definito “a pioggia in carter chiuso” e permetteva di minimizzare le soste di rabbocco, fermi macchina contrastati anche mediante un regime nominale piuttosto contenuto, 450 giri/minuto, regime cui corrispondeva una potenza di 30 cavalli, e con la possibilità di disporre di un serbatoio opzionale per l’acqua nel caso il trattore dovesse operare in climi molto caldi. Fra le peculiarità del gruppo di motopropulsione anche la possibilità di funzionare in entrambi i sensi di rotazione e la presenza di un cambio a due+due marce pilotato da due leve e in grado di realizzare una velocità lenta da aratura di poco inferiore ai tre chilometri/ora e una veloce da strada di circa sei chilometri/ora.

Quest’ultima prestazione avvantaggiava il trattore rispetto alla concorrenza in quanto permetteva di trainare su strada carri e trebbie senza dover ricorrere a vettori diversi. A tali soluzioni di affiancava poi un posto di guida ordinato e a suo modo ergonomico che metteva a portata di mano tutti i comandi principali nonostante la presenza del serbatoio del combustibile sotto al sedile di guida, sospeso su una molla a lamina. “T 30” era in definitiva un trattore semplice e robusto, strutturato in modo da far risultare il carro autoportante, relativamente leggero e compatto nelle dimensioni con una lunghezza limitata a 245 centimetri, una larghezza di un metro e mezzo e un passo di 145 centimetri.

Era anche manovrabile, molto di più dei pari potenza con motore testacalda presenti allora sul mercato, pesando solo 21 quintali, massa che permetteva di lavorare senza compattare troppo il terreno. Commercializzato dalla già citata Mais, costava anche meno dei concorrenti, 25 mila lire “porto franco” a Milano, dove veniva costruito e ciò a fronte di un Landini “L 25” che costava tre mila lire in più o di un Lanz “Bulldog” di pari potenza superava le 40 mila lire.
Come accennato tipo “30” detto “T 240” restò in linea dal 1931 al 1935. Pesava qualcosa di più, 24 quintali, e il cofano risultava più alto di ottanta millimetri per poter accogliere una maggior quantità di acqua di raffreddamento. Nel 1936 uscì il modello “T 360” in sostituzione, equipaggiato sempre con lo stesso motore ma operante a un regime nominale di 485 giri che permetteva di erogare una potenza di 36 cavalli. Parafanghi e pedana erano di serie, il cofano era ancora più alto, pesava 26 quintali. Commercializzato fino al 1938, contribuì a un volume totale di produzione dei testacalda Om di circa due mila unità.
Il trattore “fantasma”

Il primo Om ufficiale fu “T 30”, e ci sono documenti tecnici e pubblicitari che lo attestano. Poteva essere anticipato di un anno o due da un altro modello identificato quale “T 26”, presente nelle immatricolazioni Uma dei primi Anni 50 e in un volantino della Mais di Suzzara che lo pubblicizzava come macchina per lavori pesanti. Tutto lascia pensare a un testacalda con potenze da 35 a 40 cavalli come svela anche la sua unica immagine in bianco e nero. Costruttivamente era molto più semplice e “grezzo” dei testacalda Om conosciuti e dai dati di immatricolazione si può ritenere esservi in quasi un centinaio di esemplari, nessuno dei quali è però arrivato ai giorni nostri.
Titolo: Trattori Om: dai motori testacalda ai diesel
Autore: Massimo Misley